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Nardò Calcio: Spunta una clamorosa ipotesi, la terza categoria

02 agosto 2008
Da Nardocalcio.com

Tentare di finire il toro morente ricorrendo al fucile del consigliere delegato allo sport, noto alle cronache sportive per le sue imprese nel tiro al piattello (o qualcosa di simile) è l’ultimo inverecondo affronto che si poteva riservare alla storia cinquantennale della società, che più lustro ha dato alla città di Nardò. E non solo nell’ambito sportivo.
Poteva almeno il primo cittadino impugnare di persona una banderilla e piantarla sul collo del Toro agonizzante, consentendogli a tempo debito una morte con tutti gli onori. Un addio sul campo di battaglia, ma dopo una lotta strenua e disperata, carica di dignità fino all’ultimo istante. Con l’intera città convocata nell’arena, dove il Toro aveva combattuto le sue mille battaglie contro mercenari e avventurieri, avversari di gran lignaggio o di piccolo cabotaggio. Talora dinanzi a folle oceaniche ed acclamanti, in altri momenti invece davanti a manipoli maledicenti e pronti all’invettiva, ma sempre in grado di schivare il colpo mortale e a salvare la pelle.
Lì il sindaco, chiamato dalla responsabilità legata alle sue funzioni di governo a vivere in prima linea anche le vicende meno liete di una comunità, dopo aver esperito ogni tentativo, avrebbe potuto annunciare: “Oggi il Toro è morto. Siamo distrutti e sgomenti e pur assumendoci tutti quanti, ognuno per la sua parte le inevitabili responsabilità, l’unico sollievo ci deriva dall’aver lavorato fino all’ultimo attimo per scongiurare un tale epilogo”.
Ma questo addio solenne e nel contempo disperato non si potrà celebrare prima del 21 settembre, giorno della eventuale esclusione dal campionato di Eccellenza e di conseguenza dai quadri federali. Giovedì scorso invece si è cercato di sospingere il Toro esausto, ma ancora vivo e recalcitrante, in un lugubre mattatoio per finirlo con un colpo di pistola. Giusto per togliersi il pensiero con 50 giorni di anticipo.
Ora, che l’Amministrazione Comunale metta in pratica l’ennesima tattica dilatoria, rilanciando palla nella metà campo della proprietà, mi pare perfettamente in linea con la filosofia dello scarica barile e della costante elusione dei problemi, in attesa che una magica soluzione piova dal cielo.
Quel che mi appare inconcepibile è invece constatare la rassegnazione degli esponenti più carismatici della tifoseria organizzata, apparsi come cloroformizzati, pronti a mettere repentinamente da parte gli slogan proclamati fino a qualche ora prima (il Nardò non deve morire!), quasi timorosi di rovinare le sacre vacanze d’agosto ai signori del palazzo, pronti a dire no a tutto (reperimento di fondi per il mantenimento in vita del titolo sportivo della Nuova Nardò Calcio in attesa che si chiarisca la situazione finanziaria, ipotetico ritorno operativo dell’attuale proprietà, ancor più ipotetica adozione temporanea dell’Atletico in attesa di un cambio di ragione sociale e di dirigenza da compiersi alla prima occasione utile), per poi rifugiarsi in una ipotesi sacrilega, che mi auguro figlia solo dello sconforto di un momento: trasformare quella che fu dapprima l’Associazione Calcio Nardò e quindi la Nuova Nardò Calcio in una squadra da cral aziendale, composta da un drappello di dopolavoristi, pronti a partecipare al campionato provinciale di 3^ categoria.
Con quali conseguenze? Anzitutto incoraggiare sindaco e compagni nel loro cronico atteggiamento di totale menefreghismo e immobilismo (ma davvero i signori del Palazzo sono totalmente impotenti dinanzi ad una tale situazione, davvero sono incapaci di abbozzare un dialogo con l’attuale proprietà per trovare una via d’uscita?). Continuando di questo passo inoltre si offre un alibi (l’ostilità di frange del tifo organizzato) agli attuali detentori delle quote per procedere alla cessazione dell’attività della Nuova Nardò Calcio.
Pensate un attimo che situazione grottesca: Enzo Russo prima evita a Benito Papadia la brutta figura di diventare l’affossatore del calcio neretino, quindi avvia il ripianamento dei debiti, ma quando poi la società, quasi risanata sta per diventare nuovamente appetibile ad eventuali acquirenti si distrae per sei mesi e passa alla storia come il carnefice del Toro.
Per chiudere il cerchio sulle letali conseguenze dell’atteggiamento autolesionistico di chi propugna la ripartenza dalla 3^ categoria, c’è che la Asd Nardò Calcio 1958 andrebbe a giocare la domenica mattina al Centro Europa Sport (d’altronde al di là del nome che ognuno è libero di darsi, come una tale società potrebbe pretendere di essere considerata erede, militando in un campionato provinciale, di A.C. e Nuova Nardò Calcio?) , mentre l’odiato Atletico magari otterrebbe la gestione del Comunale e usufruirebbe anche di fondi e sponsor che nel frattempo, come ha lasciato intendere il consigliere Maglio, verrebbero dirottati dall’Amministrazione Comunale alla squadra cittadina che milita nel campionato più importante.

Intanto un patrimonio di passione e partecipazione popolare verrebbe consegnato alle tv e alle squadre del circondario, mentre per i ragazzini delle elementari, età in cui si crea il legame, che per alcuni diventa poi indissolubile, con la squadra della propria città, il calcio cittadino diventerebbe una vera e propria farsa. Come dare loro torto se dovessero assistere a partite contro Galugnano, Collemeto, Porto Cesareo, Caprarica o Marittima o al derby con il Real o la Stella Rossa, quando io alla loro età vedevo il Nardò giocare contro Teramo, L’Aquila, Campobasso, Martina, l’immancabile Fasano o quando il Comunale mi sembrava un piccolo San Siro in occasione dei derby con il Gallipoli e lo Squinzano?
E’ davvero strana questa voglia di lanciare la spugna prima del gong, di preoccuparsi di ratificare quanto prima la rinuncia al campionato per non danneggiare altre società o la regolarità del torneo. Come se dinanzi alla malattia grave di un amico, ci si augurasse una morte celere solo per consentire al suo datore di lavoro di completare gli organici assumendo un altro dipendente. Quando invece altre tifoserie, rappresentanti istituzionali di altre città, in situazioni economiche palesemente compromesse, hanno talora trovato sponda in talune irrazionali pronunciamenti dei tribunali amministrativi per prolungare di un altro anno la vita di società fallite nel vero senso del termine. E spesso proprio a danno del Nardò. Come nel caso di Gela e Torres riammesse dal Tar nell’anno del mancato ripescaggio in serie D dei granata.
Insomma dapprima scongiuriamo sino alla fine che non sia Eccellenza, ma se così non fosse non sporchiamo la nostra storia. A quel punto sarebbe preferibile un anno sabbatico, per poi ripartire alla prima occasione da un campionato consono alla nostra tradizione. Come fecero i nostri avi che chiusero baracca e burattini per due anni, dal 1956 al 1958, e poi ripartirono alla grande scrivendo pagine indelebili di vera gloria sportiva.

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